PIANTE IN ORBITA


Marta Del Bianco accanto a delle piante nel suo laboratorio


Si chiama “astrobotanica”, ed è la scienza che studia le piante in ambienti spaziali. Dal prezzemolo alle patate, dalla lattuga al girasole, sono tantissime le specie vegetali che sono state nello spazio, come vi abbiamo raccontato anche nel numero 22 di PLaNCK!. Ma come fanno a resistere lassù? E perché studiarle? Lo abbiamo chiesto a Marta Del Bianco, ricercatrice presso l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).

 

Marta, innanzitutto cosa sono le piante? 

Le piante sono organismi fotosintetici, cioè in grado di utilizzare l’energia solare per ottenere zuccheri e ossigeno a partire da anidride carbonica e acqua, attraverso un processo chiamato “fotosintesi”. Gli zuccheri prodotti vengono usati come fonte di energia per la crescita e come “mattoncini” per la produzione di cellulosa, una sostanza che fa da impalcatura per l’organismo. Dunque per vivere le piante hanno bisogno principalmente di luce, anidride carbonica, acqua e molti minerali. Queste risorse sono molto diffuse sulla Terra, anche se non in modo omogeneo. Le piante si sono però adattate ai diversi ambienti e possono vivere anche in quelli considerati estremi, come ad esempio i deserti.

 

Come si fa a coltivare una pianta nello spazio?

Si usano metodi chiamate “fuori suolo. Il terreno è troppo pesante per essere trasportato sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), per cui possiamo fornire alla pianta i nutrienti di cui ha bisogno attraverso una base porosa, simile ad una spugna, che intrappola una miscela di acqua e sostanze nutrienti evitando che questa galleggi in giro per la stazione causando danni.

Quando costruiremo basi sulla Luna o su Marte potremo sfruttare anche la coltura a film di nutriente, in cui la miscela di acqua e nutrienti viene fatta scorrere in un tubicino che tocca le estremità delle radici, permettendone l’assorbimento. Questa tecnica ha bisogno della forza di gravità per funzionare quindi non può essere utilizzata sulle stazioni orbitanti.

 

Quali sono le piante che gli astronauti hanno studiato e stanno studiando sulla ISS?

Una molto importante è Arabidopsis, che gli scienziati usano come modello per studiare come funzionano le piante. Ma abbiamo anche specie commestibili come pisello, girasole, lattuga e cavolo, e una pianta ornamentale, la zinnia. Questi vegetali sono stati coltivati inizialmente per ragioni scientifiche, ma col tempo verranno inclusi nella dieta degli astronauti.

 

Quali sono i problemi che le piante incontrano nello spazio? 

Le piante sono organismi gravitropici, cioè percepiscono la gravità e la usano come riferimento per crescere e distribuire correttamente le foglie e le radici. Se una pianta fosse seppellita sotto una valanga non avrebbe problemi a “capire” dove stanno il sopra e il sotto. La microgravità, ovvero la gravità ridotta che si ha nello spazio,  può rappresentare un forte stress per la pianta, che però è in grado di trovare strategie alternative, come il riferimento alla luce: le radici infatti crescono naturalmente verso il buio e gli steli verso le fonti luminose. Quindi, affinché una pianta cresca bene su una stazione orbitante, basta posizionare correttamente le lampade.

 

Quali vantaggi possiamo ricavare da questo tipo di ricerca?

I problemi dello spazio sono i problemi della Terra. Coltivare le piante nello spazio può insegnarci come renderle produttive e creare una dieta ricca ed equilibrata in un ambiente con poche risorse, che è un vantaggio sia per un astronauta che per un contadino. Molte delle conoscenze scientifiche e tecnologiche prodotte dalla ricerca aerospaziale possono essere sfruttate sulla Terra.

 

Nel film The Martian, l’astronauta Mark Watney coltiva patate per sopravvivere su Marte. Questo può accadere davvero?

The Martian è un film di fantascienza che utilizza elementi reali della ricerca aerospaziale, stiamo infatti già studiando la possibilità di sfruttare il suolo marziano per le coltivazioni. Il film però non è del tutto realistico: ad esempio il suolo marziano è ricco di sostanze pericolose sia per l’uomo che per i batteri contenuti nelle feci, con le quali Mark Watney fertilizza il suolo. Coltivare delle patate su Marte un giorno sarà possibile, ma potrebbe essere più complicato di come mostrato nel film.

 

Secondo te troveremo mai delle piante su altri pianeti?

È possibile che esistano piante su altri pianeti, ma anche altri tipi di organismi fotosintetici. Già sulla Terra le piante non sono gli unici esseri viventi in grado di fare la fotosintesi: la fanno anche alcuni batteri. La fotosintesi è un processo molto vantaggioso, perché permette di ricavare energia e nutrimento da una risorsa pressoché infinita e sempre disponibile, ovvero la luce solare. 

 

Di cosa ti occupi esattamente in ASI e cosa ti affascina del tuo mestiere?

Lavoro a due progetti: il primo è un fenomeno che iniziò a studiare Darwin nell’800, ovvero la risposta delle radici alla gravità, cercando di capire come le piante distinguono diverse direzioni e inclinazioni. Il secondo riguarda i sistemi biorigenerativi, cioè quelle tecnologie basate su organismi come piante e batteri che verranno utilizzati nello spazio per generare elementi preziosi come l’aria, l’acqua e il cibo riciclando le sostanze di scarto.

La ricerca scientifica è come un enorme puzzle a cui tutti noi scienziati contribuiamo: ognuno aggiunge un pezzetto e l’immagine diventa sempre più nitida, sia che si tratti di capire come funziona la vita, sia che si cerchi di capire come intraprendere un viaggio nello spazio.

 

 

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