Luca Perri è laureato in Astrofisica e Fisica dello Spazio e ha conseguito un dottorato in Fisica e Astrofisica all’Università dell’Insubria e all’Osservatorio di Milano Brera. Ora si dedica alla divulgazione scientifica… e ha pure scritto dei libri!
Di cosa ti sei occupato durante il dottorato?
Ho lavorato alla progettazione di un telescopio mobile per studiare… i vulcani! Tutto è cominciato da un tipo particolare di telescopi, chiamati Cherenkov, usati per studiare raggi cosmici e raggi gamma provenienti dallo spazio. Sono particelle ad alta energia che vengono in parte assorbite dall’atmosfera terrestre: ciò che ne risulta sono particelle a energia più debole che emettono una fioca luce blu che viene poi “vista” dai telescopi. Alcune delle particelle prodotte si chiamano muoni e per i telescopi Cherenkov sono rumore di fondo, perché inutili per studiare i raggi cosmici. I muoni, però, possono essere usati per fare un’analisi interna di grandi strutture. Da qui è nata l’idea di creare una versione diversa di questo telescopio per studiare i vulcani invece dello Spazio! Lo scopo è di usare questo strumento per monitorare gli accumuli di magma e avere immagini 3D delle densità interne dell’Etna.
Quando hai iniziato a fare divulgazione scientifica?
Praticamente da quando sono maggiorenne! Ma è stato solo nel 2016, con la scoperta delle onde gravitazionali, che la cosa si è fatta più seria. In quell’occasione ho scritto un post un po’ polemico su Facebook in cui, in maniera sarcastica, spiegavo perché era una scoperta importante e utile per tutti, e non uno spreco di soldi. Alcuni colleghi mi hanno chiesto di rendere il post pubblico per condividerlo, ed è diventato virale. Da lì sono nate un sacco di opportunità.
La pazza scienza é il titolo del tuo primo libro. Di cosa parla?
È un libro sulla scienza seria che sta dietro i premi Ignobel, ossia i premi per le ricerche più strane e divertenti. In realtà, anche se apparentemente sciocche, molte di queste ricerche hanno ricadute tecnologiche importanti e applicazioni complesse, non vanno quindi sottovalutate. Allo stesso tempo però dobbiamo tenere presente che non sono le ricadute tecnologiche il motore della ricerca, bensì le domande che i ricercatori si fanno, domande che nascono “semplicemente” dalla curiosità!