Numeri e misure




Nell’antico Egitto essere contadini significava sì coltivare il terreno, ma anche restare all’erta e portare molta pazienza: ogni anno, durante la stagione delle piogge, il fiume Nilo allagava i campi e cancellava tutti i confini delle proprietà agricole. Per risolvere questo inconveniente gli Egizi inventarono la figura dell’agrimensore: un antenato dell’attuale geometra il cui lavoro consisteva nel tracciare vecchi e nuovi confini con l’aiuto di una corda, calcolando e misurando le dimensioni di ogni proprietà…Non per caso la geometria nasce e si sviluppa proprio nell’antico Egitto!

Quello egizio è infatti tra i sistemi di numerazione più evoluti delle civiltà antiche: le cifre numeriche erano rappresentate con una serie di geroglifici datati intorno al 3000 a.C. che già seguivano il sistema decimale, lo stesso che utilizziamo noi oggi!

Ma è solo nell’antica Grecia che lo studio dei numeri viene approfondito senza che il motivo di partenza sia la ricerca di una soluzione a un problema pratico (come, appunto, calcolare la misura dei campi).

In particolare, nella scuola del matematico Pitagora gli allievi rappresentavano i numeri naturali attraverso una serie di ciottoli disposti in modo diverso in base alla cifra studiata. A partire dall’analisi delle configurazioni dei ciottoli, i pitagorici ricavarono nuove leggi matematiche e geometriche. Ad esempio, scoprirono le proprietà dei numeri pari e di quelli dispari e inventarono il celebre teorema che mette in relazione la lunghezza dei diversi lati di un triangolo rettangolo. Insomma, grazie alla scuola pitagorica la matematica diventa una vera e propria scienza!

Per Pitagora l’intero universo è regolato dalle leggi matematiche e il numero diventa il principio che regola tutte le cose. La portata della sua tesi si riflette nel significato della parola numero che, passando per il nŭmĕrus latino, deriva dal greco nómos e significa uso, norma, legge.

Se la chiave di lettura di Pitagora costruisce le fondamenta della scienza matematica, per secoli un grande scoglio continuò a impedire l’universalità del linguaggio numerico: ogni comunità adottava un sistema di misura diverso e non tutte le unità di misura erano chiare e oggettive.

Come risolvere questo problema?

Una soluzione fu individuata durante la Rivoluzione Francese, quando venne definita l’unità di misura della lunghezza: il metro, ovvero il decimilionesimo della distanza tra Polo Nord ed equatore. A verificarne la misura vennero incaricati due astronomi, Jean-Baptiste Delambre e Pierre Méchain, che impiegarono più di sei anni per portare a termine un calcolo che, nonostante la meticolosità, conteneva un piccolo errore di misura. Quando Méchain scoprì quell’imperfezione ne rimase ossessionato per il resto dell’esistenza.

Questo è uno dei motivi per cui vale la pena ricordare la loro impresa: per la costanza, certo, e per la precisione. Ma soprattutto per quel risultato importantissimo e leggermente imperfetto, un traguardo che rendeva possibile l’adozione di un sistema di misura universale e, insieme, un simbolo del margine inevitabile con cui fare i conti in ogni processo di calcolo: l’errore di misura.  

 

 Nel  numero 26 di PLanCK! in uscita il 1 giugno,  attraversando la storia dei numeri scoprirete le loro più importanti proprietà, approfondirete il legame tra misure e scienza, insieme a tanti approfondimenti e curiosità!

 

 

Per questo pezzo abbiamo consultato le seguenti fonti:

Corry,Breve storia dei numeri, Hoepli, Milano, 2020;

Crump,L’antropologia dei numeri, Le Lettere, Firenze, 1996;

C. Reid,Da zero a infinito. Fascino e storia dei numeri, Edizioni Dedalo, Bari, 2010.